Alberto Angela al Monastero dei Benedettini durante le riprese di "Meraviglie"

Alberto Angela al Monastero dei Benedettini durante le riprese di "Meraviglie"

© La Repubblica

Officine Culturali, Alberto Angela e “Meraviglie. La Penisola dei Tesori”

Tutto è partito da una telefonata in una mattina qualunque da parte della redazione di Ulisse di Alberto Angela. Il resto è stato entusiasmo, dedizione, lavoro instancabile di squadra di un gruppo affiatatissimo. Claudia Cantale Responsabile Ufficio comunicazione di Officine Culturali ci ha raccontato il dietro le quinte della puntata di “Meraviglie” in cui il celebre paleontologo, divulgatore scientifico, scrittore, giornalista e conduttore ha mostrato all’Italia la grande bellezza del “nostro” Monastero dei Benedettini, tra storia, fantasmi, folle deliranti e una grande, grande umanità.

Da dove parte il contatto con Alberto Angela e da quanto tempo lavorate al progetto?
Ad aprile del 2019 ho risposto ad una telefonata e una donna con l’accento romano mi dice: «sono della redazione di Ulisse di Alberto Angela, posso parlare con lei per le autorizzazioni per le riprese al Monastero dei Benedettini?». Dopo sono svenuta.
Quando mi hanno rianimata, poco dopo avevamo già preso appuntamenti e ci eravamo scambiate i contatti. Credo di aver agito in uno stato di trance per la maggior parte del tempo. Chiusa la conversazione è stato un tripudio di saltelli per tutto l’ufficio insieme agli altri colleghi, perché sapevamo che se fosse andato tutto per il meglio avremmo potuto realizzare uno degli obiettivi che ci eravamo prefissati nel 2009: fare raccontare il Monastero dall’unico inimitabile Alberto Angela, il Divulgatore tra i divulgatori, portare il monastero nelle case degli italiani, rendere il monastero “nazional popolare” nella migliore delle sue accezioni possibili. Insomma, attivare l’interesse del cosiddetto grande pubblico. Eccolo Alberto Angela, la pop star della divulgazione scientifica a un tiro di schioppo. Il sogno si poteva realizzare.

Da quel momento è stato un susseguirsi di riunioni riservate tra Officine Culturali, il Dipartimento di Scienze Umanistiche e gli autori di Angela. Come ogni cosa riservata, praticamente la questione era diventata quasi di dominio pubblico, ma noi abbiamo fatto gli gnorri fino alla fine! Da aprile al fianco soprattutto di Filippo Arriva, autore di Alberto Angela, abbiamo lavorato ai contenuti fornendo tutta la bibliografia possibile: tanto per citare dalle pubblicazioni di Giuseppe Giarrizzo, gli scritti di Giancarlo De Carlo fino alle pubblicazioni più recenti di Salvo Maria Calogero. Abbiamo tirato fuori diari dei viaggiatori e l’immancabile Federico De Roberto, testimone diretto attraverso i suoi scritti di quei tempi, complessi e contraddittori. Non sono mancati i riferimenti archivistici: è stato come tornare alle origini, rimettendo mano alla ricerca e allo studio del grande complesso.

Intanto l’edificio è stato tirato a lucido dall’Università, seppur nei tempi ristretti dettati dalla Rai. É stato un periodo molto inteso e di grande sinergia tra Officine Culturali e l’Università, in particolare con il Dipartimento di Scienze Umanistiche con cui già lavoriamo da anni.
Si susseguivano i sopralluoghi: regista e tecnici hanno girato i Benedettini in lungo e largo senza sottovalutare nessuna opportunità. E infine abbiamo conosciuto Alberto Angela il 13 dicembre. Brilla al sole come Edward di Twilight. É davvero una splendida persona.

Qual è il luogo dei Benedettini che ha più colpito Alberto Angela e perchè?
É un uomo che ha visto cose incredibili nella sua vita, ma ci è parso di averlo visto particolarmente affascinato quando lo abbiamo rapito per qualche minuto portandolo giù nei seminterrati del ‘500 oggi destinati ad accogliere la nostra biblioteca di Dipartimento. Ad aspettarlo c’erano i ragazzi che avevano contribuito come tirocinanti ai restauri delle domus condotti dalla Soprintendenza di Catania con l’Università. Io credo che gli ingredienti laggiù fossero completi: una biblioteca piena zeppa di libri; un sotterraneo; un’area archeologica; molti studenti; giovani professionisti che si impegnano a custodire il passato; archeologhe e restauratrici esperte. Quella parte, la più autentica forse non è entrata nello show, ma io me la porterò per sempre nel cuore come professionista e come persona.

Abbiamo potuto ammirare anche la biblioteca con gli erbari, il più antico sigillo con S.Agata risalente al 1196la bibbia più bella al mondo realizzata tra 1200 e 1300 di 400 pagine e realizzate in 11 anni, particolari ed ideali spartiti a mano per i monaci.Raccontateci l’aneddoto più curioso che vi è capitato durante la registrazione della puntata?
Noi non abbiamo partecipato alle riprese alle Biblioteche Riunite Civiche e Ursino Recupero, resta il fatto che quel luogo è un contenitore di storie e di emozioni ancora tutto da esplorare, ed esso stesso un denso contenuto. Al Monastero Alberto Angela è rimasto 2 giorni. Nel primo, il dipartimento era aperto per cui è stato un delirio di studenti universitari impazziti che si stracciavano le vesti; il secondo a porte chiuse dentro il Monastero. Intorno alle 14:30 noi di Officine Culturali ci trovavamo dal lato di piazza Dante, perché la cultura è tanto bella e cara ma era necessario anche mangiare qualcosina, quando vedevamo dei tipi arrampicarsi a mani nude sugli alti muri di cinta – come dei novelli spiderman – per poter vedere anche solo per un attimo Alberto Angela. Una follia. Sono dovuti intervenire i carabinieri per tirarli giù.
Avete presente il monachello che passa ad un certo punto nei corridoi? Ci siamo convinti fosse un fantasma. Abbiamo cercato di creare un rapporto empatico, ma lui niente ci passava attraverso lasciandoci quella sensazione di freddo cosmico. Alla fine lo temevamo.
Infine, un ultimo aneddoto a cui teniamo molto: quando sabato mattina Alberto Angela è giunto al Monastero per le riprese la cosa che ci ha davvero colpito è stata vederlo salutare confidenzialmente uno ad uno tutti i componenti dello staff (circa 30 persone). Ha chiesto loro come avessero trascorso la notte, se avessero mangiato bene la sera prima, ha chiesto loro delle famiglie e ha commentato con loro una partita. Ha creato un clima di serenità. Davvero un team leader. C’era molto vento quella mattina ed un freddo davvero terribile ma appena lui cominciava la ripresa pareva che tutto si bloccasse. Il vento finiva di soffiare e i suo capelli restavano immobili. É taumaturgico. Senza esagerare.

Angela ha detto che “sbigottisce ed emoziona il possente edificio cui hanno contribuito moltissimi architetti”. Qual è per voi il luogo da scoprire, primo fra tutti?
Chiedi ad ogni “Officino” il suo luogo del cuore e lui ti risponderà in maniera differente. Mi presento sono Claudia Cantale e sono una decarliana di ferro: così per me quel luogo è l’interno della Centrale Tecnica e l’Archivio del Museo della Fabbrica con il suo pulsante cuore di documenti pieni zeppi di dettagli, piccoli segreti, sentimenti e relazioni tutte da esplorare. Ma ci sono i giardini, il banco lavico del 1669, la biblioteca sotterranea, la sala rossa giù alle Cucine, la sala verde del Giardino di Via Biblioteca, l’Auditorium, i Chiostri, le scale, le terrazze. Il Monastero è bello perché è complesso, difficile da sintetizzare.

Perché il Monastero è una meraviglia da preservare?
Perché è la nostra storia, nel bene e nel male. Sto leggendo una saga in questo momento (non so se mi piace o no lo devo ancora decidere e sono al secondo volume). É la saga degli Attraversaspecchi, in questa saga la protagonista può leggere gli oggetti e gli edifici sembrano assorbire i sentimenti di chi li vive e di chi li ha vissuti. Il libro lo trovate anche alla Prampolini, nel caso in cui vogliate acquistarlo prima della visita al Monastero. Ecco io penso che questa saga mi ricorda il Monastero: lui ha assorbito tutta la storia che lo ha attraversato, quella degli Architetti e quella dei piccoli uomini, fino ad oggi. Ha assorbito e contemporaneamente è stato refrattario ad ogni corruzione che della sua forma di monumento all’umanità se ne volesse fare. Io credo che stia qui la magia del Monastero, al di là della sua grandezza, della sua bellezza. Lui è resiliente e coriaceo al tempo stesso.

Due parole sui nuovi progetti di valorizzazione del patrimonio cittadino che state portando avanti.
Due parole sono difficili. Ovviamente proseguiamo con il nostro lavoro al Monastero dei Benedettini, all’Orto Botanico, al Museo di Archeologia dell’Università di Catania, insieme però ad un nuovo progetto sul Rifugio di Via Daniele, una cava in cui nel 1938 venne ricavato un rifugio antiaereo che ha salvato la vita a migliaia di catanesi durante i duri bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. É un luogo di memoria, molto duro, difficile ma enormemente emotivo. Stiamo cercando fondi e stiamo progettando insieme alla comunità del cortile un piano di fruizione.
A Vizzini ci stiamo occupando del Castello ex carcere mandamentale per un progetto che ha il sapore del miele e dell’arte e della partecipazione di comunità. Infine andiamo fuori Catania e ci spostiamo fino a Torino perché siamo partner di un progetto di coinvolgimento di nuovi pubblici per una splendida istituzione culturale, il centro studi Piero Gobetti, grazie al bando Open2Change di Compagnia di San Paolo.
Per completare ci siamo fatti portavoce di una compagna di raccolta firme per tutte le realtà come la nostra per il ripristino di una misura, quella del 2×1000 alle associazioni culturali, che aveva contribuito al benessere di alcune associazione.