Daniele Zito, un siracusano a Catania

Autore del libro “Catania non guarda il mare”

Secondo appuntamento con Giri di Parole

Abbiamo incontrato il siracusano Daniele Zito al quale abbiamo rivolto una serie di domande sulla sua città adottiva – Catania – e sul suo romanzo edito da Laterza, oggetto del secondo incontro di Giri di Parole, primo club di lettura itinerante curato da CityMap Sicilia e dalla Libreria Vicolo Stretto.

Daniele Zito è molto legato alla città etnea cui è approdato per ragioni di studio e dalla quale non è più andato via decidendo di fermarsi e di formare qui la sua famiglia. Catania “si proroga” come dice lo stesso autore, “abitando” i suoi cittadini e facendo perdere, in questo modo, i reali o presunti confini della città. Catania è amore e odio, è mamma e matrigna, è il porto sicuro e il luogo da cui vuoi scappare: Catania è contraddizione perché ti porta a sentirla tua e a sentirti suo a prescindere da tutto, proprio come succede con i legami di sangue che restano per sempre nonostante tutto e tutti.

Un siracusano a Catania: raccontaci le ragioni di questa scelta, da quanto tempo vivi nella città etnea e come ti trovi?
Sono venuto qui Catania nel 1998 per l’Università, non me ne sono più andato. In pratica ho vissuto più a Catania che a Siracusa. Ho conosciuto qui mia moglie e qui sono nati i miei figli, il mio legame con la città, oramai, è anche e soprattutto un legame di sangue.

Com’è nata l’idea di scrivere un libro dedicato a Catania? Raccontaci come si è evoluta la tua idea, quali sono state le tue fonti, il tuo metodo di lavoro.
L’idea che fossi io a scrivere un libro su Catania è venuta a Christian Raimo, il direttore artistico della collana Laterza “Contromano”. È stato lui a pensare che potessi dare uno sguardo autoriale sulla città. Più che fonti parlerei di esperienze dirette. Descrivo tutto quello che ho visto e che ho vissuto a Catania. Il mio metodo di lavoro solitamente è molto semplice: mi metto davanti una tastiera e uno schermo bianco e tento di riempirlo. Poi rileggo tutto, taglio l’80% delle cose che ho scritto e ricomincio. Così fino alla fine.

Nelle prime pagine di Catania non guarda il mare, edito da Laterza troviamo una dedica a tua moglie e a vostro figlio. Definisci il tuo libro una “ complicata lettera d’amore”. In che senso?
Catania, per me, sono essenzialmente loro. Senza di loro, niente avrebbe senso, compresa Catania.

Sempre nelle prime pagine del tuo libro hai inserito una citazione di Giuseppe Fava, anche lui un “non catanese” che ha profondamente amato Catania. “ Io amo questa città con un rapporto sentimentale preciso: quello che può avere un uomo che si è perdutamente innamorato di una puttana”. Perché hai scelto proprio questa frase?
Secondo me descrive il complicato rapporto d’amore e odio che ogni catanese ha con la propria città.

In “Catania non guarda il mare” descrivi tanti aspetti e tante anime della città. Penso alle descrizioni che fai del mercato del pesce, dei chioschi, della festa di Sant’Agata, di Piazza Università. A quale sei più affezionato e perché?
Al portone rosso dell’Experia. Ero un attivista del centro popolare. Il suo sgombero violento ha lasciato un vuoto immenso in città. E ha lasciato un vuoto immenso anche dentro chi, come me, ha tentato di fare aggregazione politica, sociale e culturale all’interno di un quartiere bello e difficile come l’Antico Corso tramite l’Experia.

Dove inizia Catania e dove finisce Catania: sono i titoli di due capitoli del tuo libro. I confini che hai tratteggiato in Catania non guarda il mare equivalgono anche ai tuoi confini personali in questa città?
Non lo so, penso di no. A dire il vero non so nemmeno se si possa dire che Catania abbia realmente dei confini. Come scrivo nel libro Catania si propaga. È lei ad abitare noi, non il contrario.

A cosa stai lavorando adesso?
Sono diventato da poco papà per la seconda volta. Non lavoro a nulla. Tento di stare il più possibile con i miei figli.