Il carretto siciliano: storie e tradizioni

Un viaggio alla scoperta di uno dei simboli della tradizione siciliana: il carretto.

Per molto tempo è stato uno strumento di lavoro fondamentale per i venditori ambulanti che – per attirare l’attenzione sulla propria merce – bardavano riccamente mezzi di trasporto e cavalli con placche di cuoio, chiodi dorati, specchietti, pennacchi e campanelli, e inoltre intagliavano le fiancate, decorandole con storie di eroi e santi. Storie che ancora oggi raccontano il viaggio affascinante attraverso l’identità di una terra.

Per immergerti pienamente nello spirito della Sicilia, non perderti MUSCÀ – Museum of Sicilian Cart, dedicato al Carretto Siciliano e all’Opera dei Pupi. La mostra, a cura dell’Associazione Carretti Siciliani Trecastagni in collaborazione con il Comune di Taormina, si terrà al Palazzo dei Congressi della città messinese dal 15 maggio al 30 settembre, e potrà essere visitata tutti i giorni dalle ore 10:00 alle 22:00. Biglietti: 5 euro intero, 3 euro ridotto.

Ecco cinque aspetti del Carretto Siciliano da conoscere per prepararsi alla mostra.

 

LA STORIA DEL CARRETTO

Il carretto siciliano (carrettu) venne usato in tutto il territorio dell’isola dal XIX secolo fino alla seconda metà del XX secolo: i primi risalgono al 1830 e avevano immagini molto colorate. Successivamente l’iconografia si arricchì, passando dalle tematiche religiose con funzione protettiva a quelle mitologiche e più decorative. I carretti siciliani divennero celebri in tutto il mondo in occasione dell’Esposizione Nazionale di Milano del 1881 e si diffusero ben presto in tutta la Sicilia, anche grazie al miglioramento del sistema stradale e delle condizioni generali di vita. Lo scrittore francese Guy de Maupassant nel 1885 sbarcò a Palermo, e la prima cosa che lo colpì fu proprio un carretto siciliano, che per il valore degli elementi decorativi definì “un rebus che cammina”.

 


 

 

 


PALERMO vs.CATANIA

Le due principali città siciliane hanno tradizioni diverse.
Nel palermitano il carretto ha sponde trapezoidali, tinte gialle di fondo e decorazioni geometriche, i temi rappresentati sugli scacchi variano tra cavalleresco e religioso e sono realizzati nelle tonalità basilari del rosso, del verde, del giallo e del blu, con sfumature ridotte all’essenziale.
Nel catanese le sponde sono rettangolari, la tinta di fondo è rossa come la lava dell’Etna e decorazioni e intagli sono più ricercati, rifiniti e con molte sfumature e chiaroscuri.
Esistono, in realtà, altre due varianti tipologiche del carretto: quella castelvetranese, diffusa nell’entroterra della provincia di Trapani; quella trapanese, tipica del capoluogo, che si distingue per le ruote di grande diametro e per essere sormontata da una barra orizzontale.

I PROTAGONISTI

Sono molte le professionalità che lavorano alla realizzazione dei carretti siciliani. Della prima fase si occupa il carradore (o birocciaio), che costruisce il carretto, ne intaglia i fregi e si occupa della ferratura della ruota: lavora all’interno di una officina dotata degli strumenti simili a quelli del falegname e del fabbro, dove realizza tutte le parti che compongono il carro: ƒonnu ri coscia, masciddari, puteddu, chiave d’arreri e infine la ruota, costituita da 12 ammozzi (ossia raggi). Poi interviene il fabbro, che forgia le parti metalliche e infine, a costruzione ultimata, interviene il pittore, che riempie il carretto di colori, rappresentando le gesta cavalleresche, mitologiche, romanzesche e storiche.

 


 

 


LE STORIE

In origine le pitture erano per lo più a soggetto religioso, ma in seguito il repertorio si ampliò con le storie cavalleresche. I decoratori dei carretti si ispiravano all’opera dei pupi e alle scenografie popolari e persino i viaggiatori francesi si stupirono nel trovare che le storie carolinge fossero maggiormente diffuse e conosciute in Sicilia che nella loro madrepatria. Le pitture servivano a porre il carretto sotto la protezione divina, ma erano utili anche a proteggere il legno dagli agenti atmosferici e ad attirare i clienti. Tra le storie più diffuse le guerre di Napoleone, la Cavalleria Rusticana, le crociate e i Vespri Siciliani, mentre col tempo i soggetti religiosi furono confinati nella parte più segreta, il “pizzo della cascia di fuso“, a cui veniva solitamente destinata l’immagine del santo protettore.

I MAESTRI

La patria indiscussa del carretto siciliano è Aci Sant’Antonio (CT) che vanta alcuni tra i maestri più famosi, come Domenico di Mauro [Photo credits: Maria Aloisi / Zona3], Raimondo RussoNerina Chiarenza, Antonio Zappalà, Alice Valenti, Salvo Nicolosi e il pittore Gaetano Di Guardo. A Giarre, invece, opera il giovane maestro pittore Damiano Rotella, che custodisce la pittura catanese nella variante ionico-etnea. A Santa Teresa di Riva (ME) c’è il maestro pittore Giovanni Remato, artista poliedrico della scuola  messinese. Di Barrafranca (EN) è Roberto Caputo, mentre a Ragusa lavora Biagio Castilletti che, oltre ad essere pittore è anche bardatore, come l’altrettanto noto maestro catanese Francesco Giustolisi.