Cosa non perdere a Aci Trezza

Cosa non perdere a Aci Trezza

© Alfio Consiglio

I delfini ad Aci Trezza

I delfini ad Aci Trezza

© Nino Ciavola

I delfini ad Aci Trezza

I delfini ad Aci Trezza

© Nino Ciavola

Acitrezza: 5 motivi per amarla

Il borgo di Acitrezza per noi locals è un posto del cuore e ti diamo almeno cinque buoni motivi per innamorartene.

LO SPORT AD ACITREZZA. Ci capita spesso di assistere a meravigliosi spettacoli della natura. Il nostro amico Nino Ciavola – che ci ha regalato alcuni scatti dei delfini nel mare di Acitrezza– è stato coinvolto in un divertente ed inaspettato gioco di una squadra di mammiferi che hanno nuotato attorno alla sua barca.  Escursioni e visioni naturalistiche, dunque, sono assicurate. Ma noi amiamo anche andare al mare, fare una piccola passeggiata in canoa al tramonto o in barca o affittare un pedalò. Concederci un’immersione subacquea o – con i più temerari– andare  a fare surf.

I LUOGHI DI VERGA AD ACITREZZA. Di questo luogo magico s’innamorò persino Giovanni Verga che ne raccontò diffusamente nel suo capolavoro letterario del Verismo “I Malavoglia”. Che rivive nei luoghi letterari più tipici del romanzo: basti pensare al porto di Acitrezza, insenatura naturale da cui salpava la Provvidenza di Padron ‘Ntoni. Oppure la Casa-Museo del Nespolo, sede del museo verghiano, che raccoglie oggetti della vita quotidiana dei pescatori e ripercorre anche la quotidianità di padron ‘Ntoni dei Malavoglia, della piccola Lia o della Longa che tesseva al telaio o Bastianazzo che preparava l’attrezzatura da caricare sulla barca Provvidenza (di cui esiste una riproduzione al centro del cortile).

LE LEGGENDE AD ACITREZZA. Tra le leggende più note c’è quella dei Faraglioni dei Ciclope che pare si trovino lì da quando il gigante Polifemo li scagliò contro la nave di Ulisse che fuggiva dopo che questi era stato suo prigioniero ed era scappato dopo averlo accecato. Il gigante, cieco, infatti, scagliò ben tre massi – oggi noti come scogli dei Ciclopi (il Faraglione grande, quello di Mezzo e il Faraglione Piccolo). E poi, da visitare assolutamente è l’isola Lachea, riserva naturale e museo di architettura, nota come isola delle Capre nell’Odissea. 

I delfini ad Aci Trezza

LE FESTE AD ACITREZZA. La più famosa è indubbiamente “U pisci a Mari”, festa che viene celebrata il 24 giugno di ogni anno dal 1750 ovvero l’anno in cui venne inaugurata la statua di legno dedicata al Santo patrono del Borgo, San Giovanni Battista. Si tratta di una pantomima in cui sei uomini vestiti con una maglia rossa, calzoni e fascia gialla a tracolla (i colori di San Giovanni), un cappello e una fascia che li collega tutti e sei si avviano a Piazza Verga, poi al molo, pregando per la pesca. Tre calano la barca, due si piazzano sul molo e il rais dirige la pesca urlando “A luvanti, a luvanti. A punenti, a punenti.A sciroccu, a sciroccu”. L’uomo pesce s’immerge e comincia la caccia. Poco dopo tutti si accapigliano in acqua e lottano contro il pesce che tinge il mare di rosso con il suo sangue, prima di tirarlo a bordo della marca per tagliarlo con un mannaia. L’uomo pesce fugge ancora, ma il raìs avvista ancora la preda (stavolta un pesce vero) e lo riacciuffa, poi fugge ancora. Il significato più potente è quello simbolico: la lotta degli abitanti del luogo per sopravvivere.  E l’impegno a preservare tradizioni e canti antichi come “Pottulu n’terra, pottulu n’terra; ca semu ricchi! Pigghia ‘a mannara, pigghia a mannara; ca semu ricchi! Pisci friscu, pigghiatu ora ora. ‘U tagghiamu a Trizza stissu!”. Oppure, nel caso in cui il pesce venga perso, gridano “Scialaràti, scialaràti, m’arruvinàsturu; mi facìsturu pèrdiri a pruvirenzia!

LA STORIA E IL GUSTO DI ACITREZZA. Ma quando nacque la storia di Acitrezza? Pare che Don Stefano della Casa Reggio, principe di Campiofiorito, nel 1672 acquistò un feudo che si estendeva sino al borgo di Aci, proprio di fronte alla spiaggia dei Faraglioni e negli anni si diede molto da fare per sviluppare questa spiaggia mista di rocce, ciottoli e sabbia grossa. E, dulcis in fundo, naturalmente, parliamo della cucina tipica: dalla colazione al mattino con una ricca granita rigorosamente con la brioche con il tuppo. Spuntino con un pezzo di tavola calda e pranzo al chioschetto con seltz limone e sale. E a pranzo e cena? Pesce fresco, ovviamente: da gustare nel classico coppo con la fritturina mista oppure al piatto c al forno, al vapore, fritto, con aromi e un ricco contorno. E a fine pasto, un cannolo alla ricotta e un bicchierino di malvasia o moscato, da gustare vista mare ovviamente.